giovedì 29 settembre 2011

Pillole n°26

Un lembo di vita
mi cerca e si adagia su di me.
Cambiando i colori
di quello che ho avuto tranne te.
Non è che un istante d’immaginazione
che non c’è.
Mi osservo stupito per cosa ho perduto e perché.
[Deasonika]

SOGNO (in una notte di settembre)


Sei tornata, dopo tanto tempo,
sei tornata in un sogno, in una notte qualsiasi di settembre;
Bellissima come sempre eravamo vestiti dei nostri vent’anni,
in un campo, l’erba profumava di pioggia,
noi, riparati da un tetto seduti su una panca di legno;
Abbracciati come allora, il tuo viso stupendo e radioso,
il tuo corpo profumato di buono;
Ti ho baciata, sulle labbra, sul collo,
mentre scivolava via la tua maglietta, sulle spalle;
Sentivo tremare il tuo corpo, sentivo il tuo pensiero,
come allora eravamo uno di due, come la prima volta;
Fino a quando un volto sconosciuto,
ci ha separato, non so perché, non gridava, non parlava,
ci ha solo separato, e mi ha svegliato.
Ti ho perso di nuovo, ed ora chissà quando ti rivedrò,
forse di nuovo questa notte, forse mai più,
ma ancora una volta sei stata qui, con me, mia in un sogno,
lungo una notte o forse un solo minuto, ma eri tu.
Mi sono svegliato con il sorriso ed il rammarico che è solo un’illusione;
Ma che meraviglia l’averti stretto di nuovo, dopo tanto tempo a me,
e mentre tu, ora voli nella tua vita, quella reale, quella che hai scelto,
io, almeno oggi, ti penserò,
dolce cucciolo, fiore profumato dei miei vent’anni.
(Lu)

martedì 27 settembre 2011

RIFLESSIONI n°2 - sguardo di Donna

L’uomo seduto al tavolo di fronte
osservò a lungo la solitudine della donna seduta,
la tazza del caffè girava nervosamente fra le sue lunghe e affusolate dita,
lo sguardo cercava incessante fra gli altri volti qualcosa o qualcuno,
era ormai passato il tempo, le lancette dell’orologio sulla parete
avevano fatto già un giro abbondante e ancora nulla;
Lo sconforto iniziò a disegnare, sul suo viso, con i classici toni della delusione e della rabbia,
la tazza ormai vuota era poggiata male sul piattino, sopra il cucchiaino, in bilico,
le mani ora, cercavano insieme agli occhi un numero sul cellulare,
il pollice premette il tasto invio e portò all’orecchio il piccolo apparato,
inutili squilli, nessuno rispose, posò il cellulare in borsa
e portò le mani fra i suoi lunghi e ricci capelli castani, tenendosi il viso,
nascondendo ora, una lacrima.
Con un piccolo e candido fazzoletto si asciugò gli occhi,
lo specchietto per vedere se il trucco che per quell’incontro aveva messo,
sobrio e molto femminile, avesse lasciato sbavature sul volto;
Prese dal portafogli una banconota, la posò sul tavolo, si alzò
sistemandosi la gonna e la giacca del tailleur azzurro che indossava,
che sembrava disegnato su quel corpo non più giovane ma ancora molto attraente,
guardò in giro un’ultima volta, forse per mascherare l’imbarazzo e la delusione
di una sedia vuota al suo tavolo e si incamminò verso l’uscita;
Passò di fianco all’uomo che fino ad allora l’aveva osservata
con lo sguardo, bellissimo e fiero, in avanti, tipico della rabbia e della delusione,
dall’appendiabiti prese il suo cappotto blu, lo indossò
e aprì con un gesto di stizza la porta del bar,
appannata per la differenza di temperatura con il freddo dell’esterno.
L’uomo al tavolo, non l’avrebbe più rivista
ma mai più avrebbe dimenticato quello sguardo triste e sconsolato,
quella delusione e quel dolore;
Prese il suo giornale ed il cappello, pagò la consumazione e dall’attaccapanni il suo giaccone,
lo indossò e uscì nel freddo inverno cittadino,
salì sul quarantacinque, dopo tre fermate scese, guardò il palazzo di fronte
e salì sull’ascensore, il trentacinquesimo piano, appartamento duecentosei,
il campanello suonò, dopo alcuni istanti la serratura con uno scatto fece aprire la porta,
dall’altra parte un viso con lo stesso sguardo di quello visto alcuni minuti prima al bar
lo osservò quasi incredulo, al suo sorriso, il volto dietro la porta rispose con un sorriso
ed un milione di lacrime, spalancata la porta ci fu un abbraccio ed un lungo bacio,
le disse di prendere il cappotto, la porta si chiuse nell’appartamento ora vuoto,
e uscirono, le chiese scusa con un’altro bacio e la prese per mano,
si strinsero fianco a fianco ed andarono incontro ad una nuova sera,
la prima di una serie di infinite nuove.
Mai più avrebbe dimenticato quello sguardo, mai più …
(Lu)

lunedì 26 settembre 2011

Pillole n° 25

Le persone più interessanti sono sempre il frutto di situazioni complicate, l'assenza di difficoltà produce solo cretini.
[Andrea De Carlo]

IL PRIMO VOLO

Che strana sensazione,
la prima volta che provai, da solo, a volare;
Ricordo il vuoto sotto di me, ricordo il blu del cielo,
di quella giornata tersa ricordo la brezza che accompagnava il mio respiro,
era fresca tipica della fine della stagione estiva,
ma ancora molto gradevole;
Mi portai, quasi con timore reverenziale, sul bordo del precipizio,
il passo titubante, lo sguardo fisso davanti a me,
fiero e tremendamente impaurito, il cuore sembrava uscisse dal petto,
il respiro, ad ogni passo, sempre più lungo e profondo,
sentivo le ali forti e pronte eppure …
eppure la paura sembrava le avesse legate con filo di ferro,
mi sentivo sicuro, mi sentivo il padrone del cielo, mi sentivo impaurito,
come un bimbo il primo giorno di scuola;
Finii il pensiero proprio sull’orlo del baratro,
ripassai fra me e me tutto ciò che mi era stato insegnato,
mi accorsi che i miei piedi erano come piantati a terra,
sembrava pesassero tonnellate;
Chiusi gli occhi, per riaprirli una frazione di secondo dopo,
mi gettai avanti, nel vuoto, tutto diventò meccanico e spontaneo;
ora l’aria fendeva il mio viso,
le mie ali si muovevano come se volassi già da secoli,
sentivo una sensazione stupenda, il sole caldo, l’aria fresca,
sotto di me, minuscoli puntini si muovevano, le case così alte,
sembravano ora piccole scatole di fiammiferi,
mi librai in aria, volteggiai, mi esibii in acrobazie, la maggior parte involontarie;
Ma stavo crescendo, il fanciullo diventa ragazzo, il pulcino diventa uccello,
da li, sarà solo il volo, verso il sole, verso il domani,
fili su cui poggiarsi per riposare un poco e poi volo, ali aperte, aria sul viso,
vento, pioggia, freddo e caldo, ogni giorno nuove scoperte,
ogni volo sempre più forte, sempre più grande,
io, pulcino fino a ieri, oggi aquila in volo verso il sole.
(Lu)

venerdì 23 settembre 2011

AD ANDREA (per il suo arrivo, per la sua nuova partenza)

Ci sono posti, a duecento chilometri dalla vita,
castelli in cui si trovano piccole creature,
anime appese ad uno sguardo, inermi lumini spostati dal vento;
Ci sono luoghi, in cui maestosi sorveglianti, rendono ancor più lungo il tempo,
lunghi corridoi, finestre con inferriate,
sedie ai lati, come ad una fermata del metrò, aspettando che passi la vita,
e quando da lontano il portone si spalanca,
filtra la luce, filtra la speranza di essere quell'io, scelto fra mille,
per vedere il sole, per respirare aria pulita.
Quel metrò è forse arrivato, ogni volta un sorriso e mille occhi pieni di lacrime,
ogni volta quell'io è un'altro.
E poi un giorno, uno dei tanti, infiniti e pesanti,
arriva la luce, arriva l'aria sul viso, oggi sono io, quell'io che sempre attende,
quell'io sempre un'altro, oggi sono io;
Ed inizia un nuovo domani, diverso dai precedenti,
il castello nel freddo, a duecento chilometri dalla vita scompare,
e ritorna il sorriso, gli occhi illuminano il mio corpicino
provato dalla permanenza ma pronto a ritrovare il vigore dell'età,
ora sono qui, non ricordo più i corridoi, l'attesa, la speranza,
ora sono qui, e di quel posto, a duecento chilometri dalla vita,
ricordo solo piccole cose, lampi di memoria fissati ancora nella mia testa,
ma oggi sorrido, oggi il mio cammino è diverso, è sul terreno accidentato della vita,
non su quello di marmo del tempo immobile,
oggi sorrido ed i miei occhi sono colmi di gioia e di cose nuove,
da vedere da imparare.
Oggi, abbraccio chi ha fatto ripartire il mio tempo, chi lo ha reso luminoso,
oggi abbraccio voi, i miei genitori,
e sorrido alla vita.
(Lu)

mercoledì 21 settembre 2011

RIFLESSIONI n°1 - con le mani appoggiate al muro di vetro

Com’è sottile quel vetro,
quel muro trasparente fra il mondo e chi del mondo è diverso;
Camminiamo uno di fianco all’altro,
a volte incrociamo lo sguardo, a volte saluti di rito,
e poi il muro, invalicabile se non in pochi passaggi
Nei quali piccole porte chiuse ma non bloccate permettono di passare,
pochi hanno la chiave, sono quelli che usano il cuore prima della testa per ragionare,
e allora, quel muro si apre, si sente l’aria dall’altra parte,
stesso sole ma diverso calore, stesso suolo ma diversa conformazione,
pensare a chi è dall’altra parte, facile a parole,
prenderlo per mano e guidarlo nel mondo,
quello stesso mondo che lui conosce ma che vede solo da dietro un muro trasparente.
Eppure c’è così tanta voglia di vita, tanta voglia di mettersi in gioco,
tanta voglia di Amare, di avere di nuovo o per la prima volta, una carezza,
dentro quel corpo, modificato dalla vita o dal destino, c’è un’anima,
proprio come in quelli al di là del muro, può essere pulita o nera di cattiveria,
nulla diverso da voi al di la del muro, nulla, fino a quando incontreremo un gradino,
dovremo prendere un oggetto posto in alto, anche solo tenere in mano un bicchiere d’acqua;
quanto è bello vedere chi, dal muro passa oltre o ci fa passare oltre,
chi ci aiuta a prendere l’oggetto in alto, chi ci aiuta a bere, a sorridere,
a chi semplicemente ci dona una carezza, con il cuore,
ma soprattutto a chi, non ci riporta di là, a chi non se ne va,
a chi resta non necessariamente al nostro fianco, a chi ci vuole Amici, quelli veri, sinceri,
quelli che non ti dicono bugie per farti contento, quelli che, ci aiutano a tenere in mano la mazza,
quella che servirà un giorno, quel giorno in cui tutti capiranno, ad abbattere il muro,
spaccare il vetro farne mille milioni di frammenti, e tenerne ognuno un pezzo, e ogni tanto prenderlo in mano, sentire che taglia, proprio come gli sguardi indifferenti della gente al di là del muro,
e guardarlo riflettere la luce in milioni di colori, proprio come noi vediamo un gesto fatto con il cuore,
un raggio di luce che, contro il sole riflette milioni di colori.
E ci fa stare bene.
(Lu)



martedì 20 settembre 2011

Pillole n°24

E non si è soli quando un altro ti ha lasciato,
si è soli se qualcuno non è mai venuto
però scendendo perdo i pezzi per le scale,
e chi ci passa su, non sa di farmi male.
Ma non venite a dirmi adesso lascia stare
o che la lotta deve continuare,
perché se questa storia fosse una canzone
con una fine mia, tu non andresti via.

(R.Vecchioni - l'ultimo spettacolo)



UOMO

Nella notte l’urlo del mare si fece più impetuoso,
il vento spazzava la sabbia, folate improvvise e violente,
piegavano il palmizio della spiaggia con spettrali grida,
il cielo plumbeo, era, dalla luce della luna spuntata dopo la forte pioggia
ancor più tetro, non c’era nessuno in giro, l’ora tarda poi,
dava ancor più il senso di solitudine, di vuoto;
I passi fra le pozzanghere ed i ritagli di giornale portati dal vento
erano lenti e costanti, non una meta precisa, solo passi,
uno dietro l’altro, per portare non si sa dove pensieri
impalpabili eppure così pesanti;
Sotto il cappello gli occhi scrutavano il nero della strada
il volto inespressivo, la barba non fatta da giorni,
il giaccone chiuso alla gola, le mani strette al petto
a cercare di dare più sollievo, più calore.
Lontano le luci del paese sembravano fiammelle
piccole candele accese per sperare in un ritorno,
nel porticciolo le barche dei pescatori danzavano alla corrente
non forte come sul molo esterno ma presente,
alcuni campanacci risuonavano creando atmosfere inquietanti,
ascoltavo disinteressato, con la testa immersa,
come un vecchio relitto in fondo al mare, in altro pensiero.
Nel vento freddo cercavo risposte,
nel buio cercavo conforto, nell’urlo del mare sfogavo la mia disperazione;
Sedetti sullo scoglio in fondo alla spiaggia, e rimasi ad ascoltare il paesaggio.
Non trovai, quel giorno, le risposte che cercavo,
ma capii che le potevo trovare solo continuando ad ascoltare,
ad osservare, a rimanere spettatore di queste meraviglie
scolpendole nella mia mente, io artista del mio vivere,
spettatore pagante del mio spettacolo; Uomo.
(Lu)

domenica 18 settembre 2011

LA FOGLIA E LA LUNA

Eppure sognavo la luna,
l'ho sempre desiderata, tanto da cercare di spingermi a lei
con la passione e l'ardore di un impavido esploratore
con la foga e la voglia di un'amante focoso,
la volevo con tutto me stesso,
desiderio passionale e delirio di una mente stolta,
tutte le notti, desideravo vederla,
amore impossibile, amore vero,
finchè un giorno, la toccai;
Mi accolse fra le sue braccia e mi cullò dolcemente,
giocammo, amanti felici, amici sinceri,
fu l'unica volta, io una piccola foglia e lei;
Ci divise l'alba, e tornai a sognare.
(Lu)

venerdì 16 settembre 2011

Pillole n°23

Temere l'amore è temere la vita,
e chi teme la vita è già morto per tre quarti.

[Bertrand Russell]

LA SCATOLA

Dove sono, impaurito cerco la mia ombra,
in questa stanza vuota,
cerco i miei pensieri trovo polvere,
non mi sento più parte del buio,
ma non vedo finestre, non trovo porte,
il pavimento è freddo, le pareti ruvide di pietra,
l’aria è pesante, da quanto sono qui?
non c’è tempo, nel buio si sopravvive, non è vita,
gli occhi non vedono i colori, le orecchie non sentono che il nulla,
e la mente vola, in uno spazio infinito,
dove improvvisi i colori escono, si materializzano,
sento dal nulla un dolce suono,
il pavimento è un prato, le pareti diventano nuvola,
il sole, sento il suo calore,
ne vedo la luce riflessa dal cuore,
sento un’onda in me, sale,
attraversa il ventre, il cuore, sale dalla gola,
ed esplode, fiore dai mille petali in cielo,
e il tuo viso, Madre, il tuo sorriso,
si materializzano, ti vedo,
ero cieco, bendato dai mille inutili gesti quotidiani
che nascondono il tuo sentiero,
prigioniero in una scatola, il mio mondo,
ciò che mi hanno detto essere il mio mondo,
ed ora Tu, sorrido, mi fanno male le guance,
non lo ricordavo più un sorriso, non ricordavo come si facesse,
sento l’aria sul mio viso, fresca profumata,
avidamente riempio i polmoni,
sento sul mio viso lacrime di gioia,
ed ora, in quella scatola so dove trovare la porta,
quella che mi condurrà al nuovo,
ed i miei mille petali colorati, intersecheranno altri e altri ancora
fino a formare un solo grande e unico fiore nell’universo,
e seduto sul prato ne assaporerò il profumo, la gioia, i colori, la forza.
(Lu)

mercoledì 14 settembre 2011

ED IO SORRISI

E non smisi di sorridere neppure quando l’aguzzino mi frustò,
ricordo il dolore, un attimo eterno,
ricordo quando sentii il nervo toccare la mia schiena,
il suo scorrere e lacerare, fino ad arrivare alla punta,
il metallo del flagello strappò la mia carne,
quanto avrei voluto gridare, urlare al cielo il mio dolore,
invece sorrisi, senza emettere neppure un gemito,
soffocato in gola dal sapere che mai sarei più uscito da quella stanza,
e dal non voler dare soddisfazione a quel demonio di nero vestito
che sembrava godere ad ogni colpo di flagello,
la sua schiuma bianca dai lati della bocca, gli occhi rossi di sangue,
la sua cattiveria, bestia maledetta che già altre anime si era portata via.
Le lacrime lottavano per scendere dai miei occhi,
sentivo in bocca già il sapore del sangue misto al dolore,
mi mancavano le forze,
ad ogni colpo le gambe cedevano un po’ di più,
le braccia tenute da anelli di ferro, avevano già tagliato i miei polsi,
le catene ad ogni colpo, risuonavano metalliche,
come ad incitare l’esecutore, ormai il pavimento era un tappeto del mio sangue,
ed io sorrisi, fino all’ultimo, anche quando mi prese a schiaffi per farmi smettere,
quando mi colpì allo stomaco facendomi mancare il respiro,
sorridevo e lo guardavo dritto negli occhi
e vedevo il suo rancore per quel mio modo di resistergli,
voleva sentirmi urlare, chiedere pietà, implorare la morte.
No, non gli diedi soddisfazione, anche quando mi sembrò
di vedere la nebbia entrare nella stanza,
inequivocabile segno della vita che mi stava lasciando,
e risi in faccia al demonio, anche se dentro avrei voluto scappare,
gli risi in faccia anche quando, all’ultimo,
infilò la sua spada nel mio ventre; Fu lì che per l’ultima volta
sorrisi al mondo ed alla vita, fu lì che sorrisi alla morte,
e chinai il capo per sempre, sorridendo, per l’ultima, eterna volta.
(Lu)

lunedì 12 settembre 2011

STANCO DI ...

Stanco di osservare la vita dal finestrino di un treno in corsa,
stanco di vedere passare le occasioni come stazioni
nelle quali non è prevista la fermata,
stanco di non poter scendere per cambiare il mio biglietto,
stanco di non ricordare di una stazione com’è fatta, i suoi colori,
se è grande o piccola,
stanco di questo scompartimento sempre uguale, sempre gli stessi interni,
le stesse scritte, anche se fuori cambia il numero, se cambio vagone,
stanco di viaggiare in seconda classe sul treno delle occasioni perdute,
stanco di sentire l’aria sul viso che sa di galleria,
stanco di vedere gli stessi visi, lo stesso controllore,
stanco di vedermi riflesso sul vetro del finestrino,
stanco del rumore delle ruote sui binari,
stanco di sentirmi attaccato al sedile di finta pelle marrone,
stanco di viaggiare con la schiena rivolta al senso di marcia,
e vedere da fuori il panorama del destino viaggiare in senso contrario,
farmi rubare l’attimo perché passato in lampo di luce prima del buio della galleria,
stanco di essere passivo spettatore del mio tempo,
finalmente stanco di essere stanco,
mi alzo e tiro il freno d’emergenza, un sibilo, un fischio assordante,
gente che cade, bagagli rovesciati, urla di paura,
ho rotto la mia inedia, scendo e trovo il verde della campagna ad attendermi,
non ci sono stazioni, non ci sono paesi,
solo il tramonto e il mondo,
dal finestrino il capotreno mi chiama, vuole che io risalga a bordo,
lo guardo, faccio qualche passo, incerto su nuovo terreno,
sento un fischio, le ruote mordono il ferro della rotaia,
il treno riparte, gente incredula dai vetri osserva, chi incredulo,
chi con una punta di invidia, chi con una lacrima forse d’invidia,
metto la mia borsa sulle spalle e vado via,
allontanandomi dai binari, scegliendo ora,
il percorso, consapevole del perché, del fatto che sarò io a decidere di me,
tutto perché ero stanco di osservare la vita dal finestrino di un treno in corsa,
stanco di vedere passare le occasioni come stazioni
nelle quali non è prevista la fermata.
(Lu)

sabato 10 settembre 2011

SOLDATO (storia comune di un'Amore)

Pareti scrostate,
muri sporchi di sudore e sangue,
lastre di vetro rotte, sistemate a far da invisibile labirinto
detriti, pietre, resti di vita,
passaggio di esistenze interrotte;
Porte sfondate, finestre rotte da sassi, da esplosioni,
buchi di pallottole, odore di terrore, di morte,
puzza di gasolio, segno inequivocabile del passaggio dei carri armati,
urla di dolore, grida di aiuto, rantoli di terrore,
scendiamo dalla jeep, fucili in mano, spianati, pronti a far fuoco,
a terminare quell’orrore con altro dolore,
spegnere il fuoco con altro fuoco,
alimentare l’odio con la paura,
veloce ricognizione in questo cimitero di case,
di corpi martoriati lasciati al sole,
in mezzo alla strada oppure sepolti in case distrutte;
gotico spettacolo da film dell’orrore,
istantanee scattate dall’occhio e raccolte nell’archivio dei pensieri;
E quando, questa sera, ti scriverò, come sempre sulle mie dita il sorriso,
sul mio viso la tristezza, nel mio cuore le lacrime,
ti racconterò di giornate tranquille, trascorse a vedere lo spettacolo delle dune,
descrivendoti paesi meravigliosi fatti di case bianche e di persone dai colorati abiti
di mercati, di grida festanti di bambini,
di mamme di mogli di madri, di preghiere e di sorrisi;
poi, come sempre scriverò “Ti Amo” e “tornerò presto”
e invierò la lettera, l’ennesima piena di bugie al fuoco che arde al centro del nostro campo;
con la speranza che, almeno Dio, leggendola possa perdonarmi per tutte le bugie,
per tutto il dolore per questa divisa e per le altre,
solo di diverso colore, ma di uomini come me.
e torno a sdraiarmi, sperando di aprire gli occhi su nuovo giorno,
vana illusione di un soldato, guerriero,
combattente di cera nel calore della fiamma.
(Lu)


venerdì 9 settembre 2011

Pillole n°22

Madre, le tue parole, fonte di guida e di sapere per noi, sono nettare che rendono forte lo spirito e ci aiutano a trovare la via ....
JSM!

"LA REALIZZAZIONE DEL SÈ CI RENDE UMILI...
SOSTITUITE LA RABBIA CON LA COMPASSIONE...
PIÙ INNOCENTI SIETE, PIÙ BEATI SARETE."
(Shri Mataji Nrmala Devi)


LA FINE DEL SENTIERO

E mi resi conto quel giorno,
di non aver più nulla da dire,
di non aver più domande e di non voler più risposte;
Mi resi conto quel giorno, che ero giunto,
il mio percorso sarebbe terminato senza altre soste,
Mi chiesi se avessi fatto tutto di quello che mi ero prefisso
e mi resi conto che ciò che avevo tralasciato,
non era sul mio sentiero, non era mio.
Non mi lasciai prendere dallo sconforto, sapevo che sarebbe successo,
cercai allora un posto comodo in cui sedermi per attendere la chiamata,
mi sfilai i calzari, e li misi vicino ad un albero, all’ombra, al riparo,
ringraziandoli per aver sempre protetto i miei piedi dai sassi
e dai pericoli che sul sentiero si nascondevano;
mi tolsi la cinta e la mia borsa,
piena di ricordi e di oggetti raccolti lungo il cammino,
di petali di rose e di chiodi arrugginiti,
di olio profumato e di amaro fiele, doni della vita,
gelosamente custoditi.
La arrotolai e la misi dentro un tronco cavo,
per nasconderla agli altri ed al contempo per ripararla dal cielo;
Sfilai la mia veste e con cura la piegai e la misi vicino al ruscello,
dove di certo sarebbe stata bene,
ringraziando anch’essa per l’avermi riparato dal caldo sole estivo,
e dal vento freddo dell’inverno.
Fu così che mi presentai, nudo, vestito solo della mia pelle,
così come la vita mi diede al mondo, solo della mia pelle vestito.
ed attesi l’arrivo dell’ora,
triste per il dover partire ma felice per l’aver dato un perché alle mie domande;
Chiusi gli occhi, per un attimo solo,
un attimo che durò l’eternità.
(Lu)

giovedì 8 settembre 2011

ALBERO DELLA VITA

Seduto sull’albero dei miei perché cerco risposte
gambe a penzoloni sul vuoto, sul passato
mani che si tengono salde nel ramo del presente,
occhi che guardano verso l’orizzonte a cercare il domani,
a scoprire, fra le foglie del destino, il futuro.
Penso a ciò che sono, a ciò che vorrei essere
senza dimenticare la persona che sono stato;
Mi rendo conto dei tanti errori commessi
ma trovo conforto nei sorrisi che ho saputo regalare.
Ogni sforzo fatto per salire quassù,
ogni goccia di sudore, lacrima o sorriso,
valeva la pena per questo magnifico scorcio del domani.
Stanco, mi abbandono, nella consapevolezza senza pensieri
alla ricerca del Se, alla connessione con il cosmo, con la sua energia;
E come sempre, Madre, trovo la tua mano, il tuo sorriso
e tutto è luce, tutto è sereno,
passa la fatica, le piccole ferite alle mani si chiudono,
e torna la forza per salire ancora un ramo,
uno verso il cielo, verso la luce,
e sorridendo, riprendo il mio arrampicare,
all’ombra delle foglie del destino,
sostenuto dai rami forti del presente,
con il cuore colmo del tuo sorriso
sapendo che ci sei,
che non mi farai cadere,
e che, se così fosse, sarebbe solo per ripartire
con più volontà, più forza.
Sul mio albero, l’albero della vita dimorerò,
come bambino eterno che nel gioco si perde,
per scoprire in ogni cosa la gioia di uno sguardo
illuminato dalla serenità.
(Lu)

lunedì 5 settembre 2011

Pillole n°21

Ascolta la donna quando ti guarda, non quando ti parla.
[Kahalil Gibran]

RICORDI


Seduto di fronte alla finestra,
mentre la pioggia d’autunno batte sui vetri,
osservo una foto, in bianco e nero,
un po’ sbiadita, piegata dal tempo e rovinata agli angoli,
un pezzo di storia, un piccolo pezzo della mia storia,
sullo sfondo una piazza, a fare da contorno  palazzi di nobili famiglie dell’epoca,
di cui oggi si ricordano i nomi, i titoli nobiliari ma solo per usanza ed abitudine.
Ad un lato di questa, un gruppo di bambini, un vecchio cerchio ed una bici,
di cui, il fortunato possessore dell’epoca era molto orgoglioso;
E mi rivedo, stesso sguardo, stessa voglia di vedere il domani,
e benché non avessimo niente si andava verso l’alba
con la paura e la voglia di scoprire cosa ci fosse mai dietro quel sole
che avrebbe nuovamente illuminato un nuovo giorno;
E fra i miei occhi e quella foto, nella breve distanza di un braccio,
un salto di infiniti anni,
di gioie, dolori, emozioni, paure,
di lavoro e di riposo, di notti insonni per paura della guerra,
di regali e di cambiamenti,
di nuove generazioni, di sviluppo e di progresso,
e di tempo passato, quante volte i sono sentito
dell’orologio la lancetta delle ore, passo lento e costante,
senza fermarsi mai, senza perdere neppure un colpo, un battito;
ed oggi eccomi qui, seduto di fronte alla finestra,
che da sulla stessa piazza, con gli stessi palazzi, ombre di se stessi,
e quel gruppo di bambini cresciuti,
allontanati dal lavoro o dal destino, portati in braccio dalla vita,
ora non ci sono più, e la pioggia d’autunno mi aiuta
a nascondere le lacrime dietro ai vetri,
proprio come un bambino, che caduto non vuol far vedere che si è fatto male;
Solo che questo è un altro tipo di male,
è dentro e non si può curare, è la malinconia,
tempo passato che tutto insieme ritorna e ci sorprende,
e non ci resta, dopo una lacrima, che accoglierlo con un sorriso,
e farlo sedere di fianco a noi, per ricordare insieme ancora tutto ciò che è successo,
nella distanza di un braccio, fra gli occhi ed una fotografia.
(Lu)

domenica 4 settembre 2011

CERCATORE

Fra la gente mi trovavo,
uno fra tanti, cercavo qualcosa che sapevo volere,
non la conoscevo, non ne sapevo nè nome
tantomeno che cosa fosse;
Mi accorsi ad un tratto che eri lì Madre,
nel sorriso di un bambino,
nel gesto d'Amore di due fidanzati,
nel passo comune di mille persone,
ero uno fra tanti, si, ma mi accorsi che
tanti formavano l'uno solo,
la connessione con l'universo.
Dentro me una scossa, come un vulcano,
sentii salire qualcosa, mi attraversò,
fino a fuoriuscire dalla sommità del mio capo.
Fu allora che mi sentii parte di un progetto,
una poesia che tu, Madre, hai composto per ognuno di noi,
e sento nuovamente l'anima sorridere,
come un cercatore che ha trovato il suo filone d'oro,
così mi sento, con la voglia di andare avanti,
di scoprire sempre di più;
Che gioia, Madre, sentirsi un verso di una tua poesia,
sentirsi un acquerello con cui tu dipingi il tuo quadro,
che gioia sentirsi parte di un tutto, sentire in me scorrere l'energia,
linfa vitale per i miei sensi,
che gioia poterti ringraziare per tutto questo,
il sorriso della mia anima, non lo sentivo da tempo,
ora è qui, grazie a Te,
ed io, nuovo cercatore, sono in cammino sul sentiero della vita
per trovare la mia meta,
e so che, quando l'avrò trovata,
ci sarà il tuo sorriso a rendere più sereno
quell'attimo.
JSM!
(Lu)





sabato 3 settembre 2011

Pillole n°20

Sii sempre come il mare, che infrangendosi contro gli scogli trova ogni volta la forza di riprovarci.
[Jim Morrison]

SENZA TITOLO

Poi, un giorno,
nel fragore del mondo,
ti accorgi che vivi;
e sorridi ...
(Lu)

VENTO

Quel pomeriggio d'autunno
il vento mi trovò assorto nei pensieri sul bordo del lago;
Mi volle dare una mano,
mi parlò, come un'amico, come un padre;
Sussurrò fra le foglie segreti e scampoli di vita,
mi abbracciò forte ma con delicatezza,
mi accarezzò il viso, con mano decisa;
mi regalò giochi di foglie e di polvere sollevati da terra,
mi regalò giochi di increspature sull'acqua,
ora sdoppiando ora scomponendo in mille pezzi
la mia immagine riflessa,
si fece forte e i rami sugli alberi si inchinarono alla sua potenza,
si fece di nuovo delicato e i fili d'erba lo ringraziarono con un inchino.
Mi fermai a lungo ad osservarlo giocare e a sentirlo parlare,
mi soffermai fino a quando il sole, da dietro la montagna mi salutò,
regalando alla terra un rosso tramonto
ed annunciando l'arrivo dell'amica Luna.
Fu così che ripresi il sentiero per casa
scortato dai pensieri ora meno pesanti, più comodi in me,
trovai la mia poltrona ad attendermi, di fronte al camino,
sedetti ed attesi l'ora in cui il sonno sarebbe venuto a farmi visita,
per ristorare le mie membra, per riposare la mia testa,
e fu di nuovo il sole a svegliarmi.
(Lu)

giovedì 1 settembre 2011

Pillole n°19

Scrivere è qualcosa di intimo....
Scrivere è spogliarsi di fronte a qualcuno, lasciarsi guardare cosi, nudi e in piedi, pieni di difetti di carne.
[Giulia Cercasi]



IL CAMMINO DI UNA PRINCIPESSA

Voglio, mia Principessa,
affidarti queste mie lacrime,
affinchè nel tuo cammino
possa tu dissetarti e trovarle dolci,
possano essere salate ed amare come fiele
da usare contro il tuo nemico,
possano infine, rinfrescarti il viso,
e passandole sulla fronte,
possa tu ricordare il sogno che anche se solo per un'attimo
mi hai regalato.
(Lu)

TRE PUNTI

Tre punti di sospensione su un foglio,
perchè il discorso non finisce;
prendo la penna per scrivere ancora e mi accorgo
che scriverei con inchiostro di lacrima,
cerco ispirazione osservando la notte attraverso i vetri,
il mio riflesso nel buio,
il mio respiro sul vetro,
foglie mosse dal vento,
anime che mi chiamano, per giocare,
aspetto la luce, che tutto torni alla vita.
(Lu)