venerdì 29 luglio 2011

IL VIAGGIO

E piove, il nuovo giorno ci regala burrasca,
il vento sibilando si infilava fra le fessure della finestra
urlando tutta la sua potenza;
Da lontano, il mare cercava di arrampicarsi sulla scogliera con le sue impetuose e fragorose onde,
il rumore delle frustate che davano sulla roccia si mescolava a quelle dell’acqua fredda sui vetri,
spinta dalla forza del vento, poi, sembrava ancora più violenta.
Non avrei voluto alzarmi dal letto, non oggi, il tepore delle coperte era così invitante che invece di scostarle mi accorsi che le stavo di nuovo tirando per coprirmi.
Lei era li vicino, ancora addormentata ma come sempre bellissima,
i suoi capelli rossi, delicata cornice per un viso dalla pelle diafana staccavano la sua figura dalle lenzuola di lino color panna, era stupenda nel suo pigiama di flanella tutto stropicciato, un corpo da favola, era mia, la Amavo e lei mi Amava;
Avrei voluto avvicinarmi piano e baciarla, svegliandola con un sorriso e iniziare un nuovo gioco d’Amore;
Ma era tardi, dovevo essere al lavoro perché il progetto a cui avevo lavorato per quasi due anni era finito e doveva essere presentato.
Le sfiorai il viso, e le scostai i capelli che lo coprivano in parte, mi avvicinai e ne sentii il profumo e faticosamente finalmente decisi di alzarmi.
Doccia, vestito, quello bello, quello con la camicia azzurra e la cravatta fantasia, ma con i colori intonati, presi la mia ventiquattro ore e le chiavi dell’auto, ma prima di andare via, su un foglio di carta scrissi un semplice “per te, che scaldi il mio cuore, mi accompagni nel cammino, illumini il mio sorriso, TI AMO”;
Lo posai sul comodino e dopo averla ammirata ancora una volta, uscii.
Presi l’auto dal garage, appena fuori la lamiera dell’auto fu colpita da migliaia di gocce di pioggia, il rumore era quasi insopportabile tanto che quasi non riuscivo a sentire le notizie del radiogiornale, il tergicristallo lavorava alla sua massima velocità e nonostante questo sul vetro sembrava ci fosse uno strato costante di acqua che rendeva la visuale della strada distorta;
I fari delle auto che viaggiavano nella corsia opposta sembravano stelle cadute dal cielo sull’asfalto carico d’acqua.
Fu una di quelle, non più luminosa ma che sembrava giocare con la pioggia che vidi venire verso di me; Il tempo di rendermi conto di ciò che stava per succedere e fu il buio.
Mi svegliai sentendo la voce del poliziotto che urlava ai vigili del fuoco di sbrigarsi con le trance, sentivo gridare “è grave!”,“fate presto” e vidi un paramedico chinarsi su di me, alle sue domande confuse rispondevo sempre più rendendomi conto che la mia vita stava fuggendo, cercava nuova luce, pensai allora a lei, non avrei più rivisto il suo viso, accarezzato il suo corpo, sentito il suo profumo e mi pentii di non averla svegliata per vedere ancora una volta, l’ultima i suoi occhi blu, profondi e bellissimi;
Iniziai a piangere e dissi al medico di non farmi morire, dovevo ancora fare tante cose nella vita, lo vidi annuire, lo sentivo lavorare con flebo, non sentivo più il mio corpo, la paura mi fece tremare, gli occhi sempre più pesanti sbiadivano le luci dei lampeggianti dei mezzi di soccorso, sempre di più, il sonno, tanto sonno eppure potevo dormire comodamente a casa, non volevo essere li, volevo lei, il suo respiro caldo sul mio viso, le sue mani su di me, volevo ancora sognarla, già sognarla potevo farlo, sentivo il sonno farsi più forte e lo assecondai, per sognarla più presto.
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare, inizia il sogno fu il mio ultimo pensiero, non ti lascerò mai le mie ultime parole.
(Lu)



Nessun commento:

Posta un commento