Che diavolo ci faccio qui? Io non appartengo a questo posto,
dissi, fra me e me, guardando oltre la vetrina sporca di fumo e di polvere del vecchio fast food;
L'uomo seduto di fronte mi fissò, il suo viso, barba lunga, capelli raccolti in un improbabile codino,
orecchini e occhiali, si mise a ridere, uno di quei sorrisi che, che gli tireresti addosso il bicchiere e tutto il tavolo;
Ma cosa diavolo vuole da me? che ha da ridere poi, non si vede forse? seduto su quella stupida sedia a rotelle,
allungò una mano, indicandomi, e mi chiese se poteva dirmi una parola, più per pena che per educazione gli dissi "certo", in realtà pensavo a oceani di cazzi miei,
iniziò ed io, con un sospiro gli sorrisi che più pateticamente non si poteva;
Nessuno di noi, disse, appartiene a questo posto, la realtà è che siamo noi a creare il posto a cui apparteniamo, siamo anime gettate a caso, come carta dal finestrino di un'auto in corsa, finiamo a terra, a volte calpestati da altre auto, a volte nel ciglio della strada spazzati via da solerti spazzini, o bagnati da temporali estivi, un minuto e poi di nuovo il caldo sole, nessuno di noi sa dove cadrà, ma ognuno di noi sa che quello è il luogo che farà suo.
Siamo come questo cibo, disse indicando un panino mezzo morsicato ed un piatto di patatine, consumato fra mille pensieri, gettato a diventare povero nutrimento per il corpo ed infine come ringraziamento, diventare escrementi; Anche io sai, continuava mentre io sentivo la bile prendere il sopravvento sulla pazienza, avevo la tua irruenza, mi sentivo gettato in un buco, come uno scarafaggio in una fogna, mi sentivo stanco e diverso, quante volte ho detto basta, quante volte ho pregato Dio, se c'è un Dio, di farmi smettere di respirare, mi sentivo un lobotomizzato fra un milione di laureati, un gatto in un canile, ma non ho mai smesso, dentro di me, di cercare la strada ed il sogno, fissavo una meta, la raggiungevo e mi voltavo indietro, quanta strada, e mi chiedevo fino a dove sarei potuto arrivare e continuavo ad andare avanti, prendendo pugni e calci in bocca, quanto sangue ho sputato, quante volte era più il dolore all'anima che quello alle mie ossa ma non ho mai rinunciato, e lo sai perchè? Mi disse, feci un sussulto, non lo stavo quasi ascoltando, un'altro dei soliti idioti che cercano cinque minuti di "amico a cui dare lezioni di vita", uffa pensai .... e risposi fra le labbra "perchè"?? Lui mi guardò e mi disse "perchè il sogno non è la meta ma la via per raggiungerla" ... Oddio uno pseudo-patetico-maestro-zen ma che ho fatto di male per meritare questo incontro oggi?
E pensando queste cose, mi alzai, salutai con un sorriso finto come la collana d'oro al collo del camionista di fianco e finalmente andai via, potevo di nuovo perdermi nei miei pensieri, nei miei momenti di nero, di foschia mattutina, camminai lungo il marciapiede e mi voltai incuriosita per vedere dalla vetrina che cavolo stesse facendo, chi era la sua nuova "vittima" ma, fra lo sporco dei vetri lo vidi sorridere da solo, guardava il bicchiere della cola, vuoto e rideva, che cazzo avrà da ridere pensavo fra me e mi resi conto che mi incuriosiva quel pazzo, quell'ominide bloccato su una sedia a rotelle, tanto che, non so per quale motivo tornai indietro qualche passo, e qualche altro ancora, fino a quando mi ritrovai con la fronte ad un millimetro dai vetri unti del locale;
Si voltò e mi fissò, prese un tovagliolo di carta, estrasse una penna dalla sua borsa scrisse qualcosa e me lo mostrò .... "lo sapevo" scrisse, lo guardai scuotendo la testa, "cavolo dice, che vuole sto idiota"? E, alterata come non mai, rientrai nel fast food, sbattei la porta e la mia borsa sul suo tavolino, nessuno si girò, sembrava la scena di un film muto girata di notte .... "che vuoi eh? Che vuoi da me"? Gli urlai, imprecando;
Non si scompose e la cosa mi fece andare in bestia, si limitò ad osservarmi e sorrise, di nuovo quel fottuto sorriso da idiota .... pensai ... con la voglia di mollargli uno schiaffo.
Lo sapevo mi disse, che saresti tornata indietro, e so anche che mi colpiresti ora, perchè il sorriso, il vedere la serenità in un volto ti da fastidio, ma tu, vedi tu, sei parte di questo progetto, tu stai creando il tuo spazio e lo devi fare scavando a mani nude nella ghiaia e fa male, brucia, il dolore diventa forte, a volte insopportabile e vorresti sparire ma, tu ti vedi come il mondo vuole vederti, ma in realtà il mondo non ti vede, si limita a sentirti respirare e quindi non serve che ti disperi, sei una bella persona, sei in grado di trasformare la tua rabbia in arte, il tuo dolore in versi, non sei diversa da noi, hai solo più dolore, amplificato dall'età come fosse la voce in un microfono ad un concerto, più si è in uno spazio grande tanto più serve amplificare ma, mi disse, se non misceli bene le sonorità fra voce e strumenti ne viene fuori solo rumore, bisogna avere un buon tecnico audio per sentirsi e far si che il pubblico ci senta ... Cavolo, lo stavo ascoltando, stavo ascoltando i deliri di un pazzo ...
Così nella vita, hai la forza della tua età, hai la bellezza interiore ed esteriore e sei molto intelligente, hai anche un buon tecnico del suono a casa... Anche se è ammetterlo non è facile, dai retta a me, ora pensa un minuto,
poi riprendi la via e guarda il tuo domani con gli occhi di oggi e la saggezza acquisita da ieri, ascolta il mondo, se vuoi che il mondo ti ascolti, urla senza emettere suono, vedrai che la gente si volterà per cercare di capire ciò che stai dicendo, apri le ali e osserva i tuoi colori, non sei più un bruco, sei farfalla adesso, vola.
E mentre ascoltavo le sue parole che ancora giravano fra i miei pensieri, lui andò via, lasciandomi un foglio di carta stropicciato con su scritto " se ti servirà parlare, cercami qui, ci sarò sempre" ... ripresi la strada di casa, e ....
(Lu)
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