Vago, perso fra rovi e ortiche
in cerca di una fuga da un mondo che
regala solo amarezza e dolore,
cercando un sole, illusione di una luce artificiale
che possa liberarmi da inutili passaggi di stanche lancette
di un orologio che nulla guarda se non il suo avanzare,
così lentamente rapido che,
perdersi in un cumulo di cenere è un'attimo;
silenzi urlati a voce troppo alta,
ripreso dai professori, dai maestri della vita,
da quelli che arrogano la pretesa di esserci già passati;
Ma da dove, da cosa, dal mio sentiero?
No, troppi rovi e troppe ortiche,
ragnatele sul viso danno la certezza del primo passaggio,
neppure più gli scorpioni prendono il sole su queste taglienti rocce,
serpi, strisciano altrove, a cercare rifugi meno pericolosi,
eppure la certezza che il buio sarebbe finito
che il sole altro non fosse che un luminoso astro in cielo
che la luna regalasse notti d'Amore e non ululati di lupi,
tutti ne eravamo certi, anche i professori, i maestri di vita;
Giunsi in cima alla salita, lacero, dolorante e coperto di sangue,
guardai là oltre l'orizzonte,
quel paradiso promesso, quel prato in cui correre, quel prato di spine e ortiche, come il percorso,
quel prato di fiori neri, di erba arida, di insetti pungenti,
di vita spesa a cercare la vita, bruciata in un rovo.
(Lu)
martedì 24 luglio 2012
martedì 17 luglio 2012
ANOMALIE - pensieri reali di persone finte
E ti osservano,
li senti tutti i loro pensieri,
come topi di fogna che escono dalle grate dei loro cervelli malati,
te li mettono addosso, come vestire un morto;
E mentre passi, occhi che ti scrutano,
ti scansionano come fosse una tac,
e tu sei il malato terminale, vogliono solo scoprire dove
hai il tuo cancro, poi, felici ne parlano fra loro,
e ad ogni "povero" oppure "mi spiace"
sputano il sangue di altre vittime,
sono quelli che, in chiesa,
a mani giunte pregano Dio, tenendo in tasca ancora i proiettili che,
in nome della loro giustizia, spareranno a breve,
a bruciapelo, senza pietà.
Mani intrise di sangue,
quello di vittime colpevoli solo della loro diversità,
bersagli immobili in un passaggio del tempo,
l'unico reato il sorriso, la voglia di vivere la fonte della gelosia,
un colpo solo, sulla bocca, per spegnere il sorriso,
per cancellare quella fottuta voglia di essere, solo per una volta almeno, uguali al resto di queste mummie di sale;
Ma poi, uguali per che cosa,
per invidiare la vita?
Per un sorriso che, solo prendendo il tetano riescono a farsi venire,
no grazie, resto bersaglio, aspetto il mio proiettile ma con il sorriso, e non fuggo ma combatto, e quando sarà,
da ogni goccia del mio sangue nascerà un nuovo sorriso, e così per tutti gli altri, diversi o forse reali in un mondo di apparenza,
a combattere con le fionde contro i fucili,
vivi fino all'ultimo, eterni nel cuore di chi ci ama.
(Lu)
li senti tutti i loro pensieri,
come topi di fogna che escono dalle grate dei loro cervelli malati,
te li mettono addosso, come vestire un morto;
E mentre passi, occhi che ti scrutano,
ti scansionano come fosse una tac,
e tu sei il malato terminale, vogliono solo scoprire dove
hai il tuo cancro, poi, felici ne parlano fra loro,
e ad ogni "povero" oppure "mi spiace"
sputano il sangue di altre vittime,
sono quelli che, in chiesa,
a mani giunte pregano Dio, tenendo in tasca ancora i proiettili che,
in nome della loro giustizia, spareranno a breve,
a bruciapelo, senza pietà.
Mani intrise di sangue,
quello di vittime colpevoli solo della loro diversità,
bersagli immobili in un passaggio del tempo,
l'unico reato il sorriso, la voglia di vivere la fonte della gelosia,
un colpo solo, sulla bocca, per spegnere il sorriso,
per cancellare quella fottuta voglia di essere, solo per una volta almeno, uguali al resto di queste mummie di sale;
Ma poi, uguali per che cosa,
per invidiare la vita?
Per un sorriso che, solo prendendo il tetano riescono a farsi venire,
no grazie, resto bersaglio, aspetto il mio proiettile ma con il sorriso, e non fuggo ma combatto, e quando sarà,
da ogni goccia del mio sangue nascerà un nuovo sorriso, e così per tutti gli altri, diversi o forse reali in un mondo di apparenza,
a combattere con le fionde contro i fucili,
vivi fino all'ultimo, eterni nel cuore di chi ci ama.
(Lu)
mercoledì 11 luglio 2012
VITA - racconto semplice iniziato con una frase
Che diavolo ci faccio qui? Io non appartengo a questo posto,
dissi, fra me e me, guardando oltre la vetrina sporca di fumo e di polvere del vecchio fast food;
L'uomo seduto di fronte mi fissò, il suo viso, barba lunga, capelli raccolti in un improbabile codino,
orecchini e occhiali, si mise a ridere, uno di quei sorrisi che, che gli tireresti addosso il bicchiere e tutto il tavolo;
Ma cosa diavolo vuole da me? che ha da ridere poi, non si vede forse? seduto su quella stupida sedia a rotelle,
allungò una mano, indicandomi, e mi chiese se poteva dirmi una parola, più per pena che per educazione gli dissi "certo", in realtà pensavo a oceani di cazzi miei,
iniziò ed io, con un sospiro gli sorrisi che più pateticamente non si poteva;
Nessuno di noi, disse, appartiene a questo posto, la realtà è che siamo noi a creare il posto a cui apparteniamo, siamo anime gettate a caso, come carta dal finestrino di un'auto in corsa, finiamo a terra, a volte calpestati da altre auto, a volte nel ciglio della strada spazzati via da solerti spazzini, o bagnati da temporali estivi, un minuto e poi di nuovo il caldo sole, nessuno di noi sa dove cadrà, ma ognuno di noi sa che quello è il luogo che farà suo.
Siamo come questo cibo, disse indicando un panino mezzo morsicato ed un piatto di patatine, consumato fra mille pensieri, gettato a diventare povero nutrimento per il corpo ed infine come ringraziamento, diventare escrementi; Anche io sai, continuava mentre io sentivo la bile prendere il sopravvento sulla pazienza, avevo la tua irruenza, mi sentivo gettato in un buco, come uno scarafaggio in una fogna, mi sentivo stanco e diverso, quante volte ho detto basta, quante volte ho pregato Dio, se c'è un Dio, di farmi smettere di respirare, mi sentivo un lobotomizzato fra un milione di laureati, un gatto in un canile, ma non ho mai smesso, dentro di me, di cercare la strada ed il sogno, fissavo una meta, la raggiungevo e mi voltavo indietro, quanta strada, e mi chiedevo fino a dove sarei potuto arrivare e continuavo ad andare avanti, prendendo pugni e calci in bocca, quanto sangue ho sputato, quante volte era più il dolore all'anima che quello alle mie ossa ma non ho mai rinunciato, e lo sai perchè? Mi disse, feci un sussulto, non lo stavo quasi ascoltando, un'altro dei soliti idioti che cercano cinque minuti di "amico a cui dare lezioni di vita", uffa pensai .... e risposi fra le labbra "perchè"?? Lui mi guardò e mi disse "perchè il sogno non è la meta ma la via per raggiungerla" ... Oddio uno pseudo-patetico-maestro-zen ma che ho fatto di male per meritare questo incontro oggi?
E pensando queste cose, mi alzai, salutai con un sorriso finto come la collana d'oro al collo del camionista di fianco e finalmente andai via, potevo di nuovo perdermi nei miei pensieri, nei miei momenti di nero, di foschia mattutina, camminai lungo il marciapiede e mi voltai incuriosita per vedere dalla vetrina che cavolo stesse facendo, chi era la sua nuova "vittima" ma, fra lo sporco dei vetri lo vidi sorridere da solo, guardava il bicchiere della cola, vuoto e rideva, che cazzo avrà da ridere pensavo fra me e mi resi conto che mi incuriosiva quel pazzo, quell'ominide bloccato su una sedia a rotelle, tanto che, non so per quale motivo tornai indietro qualche passo, e qualche altro ancora, fino a quando mi ritrovai con la fronte ad un millimetro dai vetri unti del locale;
Si voltò e mi fissò, prese un tovagliolo di carta, estrasse una penna dalla sua borsa scrisse qualcosa e me lo mostrò .... "lo sapevo" scrisse, lo guardai scuotendo la testa, "cavolo dice, che vuole sto idiota"? E, alterata come non mai, rientrai nel fast food, sbattei la porta e la mia borsa sul suo tavolino, nessuno si girò, sembrava la scena di un film muto girata di notte .... "che vuoi eh? Che vuoi da me"? Gli urlai, imprecando;
Non si scompose e la cosa mi fece andare in bestia, si limitò ad osservarmi e sorrise, di nuovo quel fottuto sorriso da idiota .... pensai ... con la voglia di mollargli uno schiaffo.
Lo sapevo mi disse, che saresti tornata indietro, e so anche che mi colpiresti ora, perchè il sorriso, il vedere la serenità in un volto ti da fastidio, ma tu, vedi tu, sei parte di questo progetto, tu stai creando il tuo spazio e lo devi fare scavando a mani nude nella ghiaia e fa male, brucia, il dolore diventa forte, a volte insopportabile e vorresti sparire ma, tu ti vedi come il mondo vuole vederti, ma in realtà il mondo non ti vede, si limita a sentirti respirare e quindi non serve che ti disperi, sei una bella persona, sei in grado di trasformare la tua rabbia in arte, il tuo dolore in versi, non sei diversa da noi, hai solo più dolore, amplificato dall'età come fosse la voce in un microfono ad un concerto, più si è in uno spazio grande tanto più serve amplificare ma, mi disse, se non misceli bene le sonorità fra voce e strumenti ne viene fuori solo rumore, bisogna avere un buon tecnico audio per sentirsi e far si che il pubblico ci senta ... Cavolo, lo stavo ascoltando, stavo ascoltando i deliri di un pazzo ...
Così nella vita, hai la forza della tua età, hai la bellezza interiore ed esteriore e sei molto intelligente, hai anche un buon tecnico del suono a casa... Anche se è ammetterlo non è facile, dai retta a me, ora pensa un minuto,
poi riprendi la via e guarda il tuo domani con gli occhi di oggi e la saggezza acquisita da ieri, ascolta il mondo, se vuoi che il mondo ti ascolti, urla senza emettere suono, vedrai che la gente si volterà per cercare di capire ciò che stai dicendo, apri le ali e osserva i tuoi colori, non sei più un bruco, sei farfalla adesso, vola.
E mentre ascoltavo le sue parole che ancora giravano fra i miei pensieri, lui andò via, lasciandomi un foglio di carta stropicciato con su scritto " se ti servirà parlare, cercami qui, ci sarò sempre" ... ripresi la strada di casa, e ....
(Lu)
dissi, fra me e me, guardando oltre la vetrina sporca di fumo e di polvere del vecchio fast food;
L'uomo seduto di fronte mi fissò, il suo viso, barba lunga, capelli raccolti in un improbabile codino,
orecchini e occhiali, si mise a ridere, uno di quei sorrisi che, che gli tireresti addosso il bicchiere e tutto il tavolo;
Ma cosa diavolo vuole da me? che ha da ridere poi, non si vede forse? seduto su quella stupida sedia a rotelle,
allungò una mano, indicandomi, e mi chiese se poteva dirmi una parola, più per pena che per educazione gli dissi "certo", in realtà pensavo a oceani di cazzi miei,
iniziò ed io, con un sospiro gli sorrisi che più pateticamente non si poteva;
Nessuno di noi, disse, appartiene a questo posto, la realtà è che siamo noi a creare il posto a cui apparteniamo, siamo anime gettate a caso, come carta dal finestrino di un'auto in corsa, finiamo a terra, a volte calpestati da altre auto, a volte nel ciglio della strada spazzati via da solerti spazzini, o bagnati da temporali estivi, un minuto e poi di nuovo il caldo sole, nessuno di noi sa dove cadrà, ma ognuno di noi sa che quello è il luogo che farà suo.
Siamo come questo cibo, disse indicando un panino mezzo morsicato ed un piatto di patatine, consumato fra mille pensieri, gettato a diventare povero nutrimento per il corpo ed infine come ringraziamento, diventare escrementi; Anche io sai, continuava mentre io sentivo la bile prendere il sopravvento sulla pazienza, avevo la tua irruenza, mi sentivo gettato in un buco, come uno scarafaggio in una fogna, mi sentivo stanco e diverso, quante volte ho detto basta, quante volte ho pregato Dio, se c'è un Dio, di farmi smettere di respirare, mi sentivo un lobotomizzato fra un milione di laureati, un gatto in un canile, ma non ho mai smesso, dentro di me, di cercare la strada ed il sogno, fissavo una meta, la raggiungevo e mi voltavo indietro, quanta strada, e mi chiedevo fino a dove sarei potuto arrivare e continuavo ad andare avanti, prendendo pugni e calci in bocca, quanto sangue ho sputato, quante volte era più il dolore all'anima che quello alle mie ossa ma non ho mai rinunciato, e lo sai perchè? Mi disse, feci un sussulto, non lo stavo quasi ascoltando, un'altro dei soliti idioti che cercano cinque minuti di "amico a cui dare lezioni di vita", uffa pensai .... e risposi fra le labbra "perchè"?? Lui mi guardò e mi disse "perchè il sogno non è la meta ma la via per raggiungerla" ... Oddio uno pseudo-patetico-maestro-zen ma che ho fatto di male per meritare questo incontro oggi?
E pensando queste cose, mi alzai, salutai con un sorriso finto come la collana d'oro al collo del camionista di fianco e finalmente andai via, potevo di nuovo perdermi nei miei pensieri, nei miei momenti di nero, di foschia mattutina, camminai lungo il marciapiede e mi voltai incuriosita per vedere dalla vetrina che cavolo stesse facendo, chi era la sua nuova "vittima" ma, fra lo sporco dei vetri lo vidi sorridere da solo, guardava il bicchiere della cola, vuoto e rideva, che cazzo avrà da ridere pensavo fra me e mi resi conto che mi incuriosiva quel pazzo, quell'ominide bloccato su una sedia a rotelle, tanto che, non so per quale motivo tornai indietro qualche passo, e qualche altro ancora, fino a quando mi ritrovai con la fronte ad un millimetro dai vetri unti del locale;
Si voltò e mi fissò, prese un tovagliolo di carta, estrasse una penna dalla sua borsa scrisse qualcosa e me lo mostrò .... "lo sapevo" scrisse, lo guardai scuotendo la testa, "cavolo dice, che vuole sto idiota"? E, alterata come non mai, rientrai nel fast food, sbattei la porta e la mia borsa sul suo tavolino, nessuno si girò, sembrava la scena di un film muto girata di notte .... "che vuoi eh? Che vuoi da me"? Gli urlai, imprecando;
Non si scompose e la cosa mi fece andare in bestia, si limitò ad osservarmi e sorrise, di nuovo quel fottuto sorriso da idiota .... pensai ... con la voglia di mollargli uno schiaffo.
Lo sapevo mi disse, che saresti tornata indietro, e so anche che mi colpiresti ora, perchè il sorriso, il vedere la serenità in un volto ti da fastidio, ma tu, vedi tu, sei parte di questo progetto, tu stai creando il tuo spazio e lo devi fare scavando a mani nude nella ghiaia e fa male, brucia, il dolore diventa forte, a volte insopportabile e vorresti sparire ma, tu ti vedi come il mondo vuole vederti, ma in realtà il mondo non ti vede, si limita a sentirti respirare e quindi non serve che ti disperi, sei una bella persona, sei in grado di trasformare la tua rabbia in arte, il tuo dolore in versi, non sei diversa da noi, hai solo più dolore, amplificato dall'età come fosse la voce in un microfono ad un concerto, più si è in uno spazio grande tanto più serve amplificare ma, mi disse, se non misceli bene le sonorità fra voce e strumenti ne viene fuori solo rumore, bisogna avere un buon tecnico audio per sentirsi e far si che il pubblico ci senta ... Cavolo, lo stavo ascoltando, stavo ascoltando i deliri di un pazzo ...
Così nella vita, hai la forza della tua età, hai la bellezza interiore ed esteriore e sei molto intelligente, hai anche un buon tecnico del suono a casa... Anche se è ammetterlo non è facile, dai retta a me, ora pensa un minuto,
poi riprendi la via e guarda il tuo domani con gli occhi di oggi e la saggezza acquisita da ieri, ascolta il mondo, se vuoi che il mondo ti ascolti, urla senza emettere suono, vedrai che la gente si volterà per cercare di capire ciò che stai dicendo, apri le ali e osserva i tuoi colori, non sei più un bruco, sei farfalla adesso, vola.
E mentre ascoltavo le sue parole che ancora giravano fra i miei pensieri, lui andò via, lasciandomi un foglio di carta stropicciato con su scritto " se ti servirà parlare, cercami qui, ci sarò sempre" ... ripresi la strada di casa, e ....
(Lu)
martedì 3 luglio 2012
FANTASMI - storia di un Amore perduto
Osservo attraverso vetri appannati dal troppo caldo che
emana la stufa
il gioco del vento fra i rami spogli
come impaurite mani a graffiare il cielo,
facendolo sanguinare bagnandosi delle sue lacrime che,
copiose cadono a terra e battono sul vetro,
ticchettio regolare come il battito delle mani sui tasti del pianoforte,
nervosamente attendo, si ma cosa?
Che squilli un telefono o forse che suoni il campanello,
intanto non smette la pioggia e non smettono le mie dita,
risonanza di rumori, il mio cervello non ce la fa più,
fugge da questo oblio e si rifugia in un vecchio disco consumato dalla puntina e dal tempo,
gracchianti note di blues escono dai vecchi altoparlanti,
verso nel bicchiere ciò che resta della bottiglia, mi accendo una sigaretta la prima mi dico,
ovviamente dopo l’ultima di dieci minuti fa;
E cerco fra i ritagli di giornale fra i fotogrammi del mio passato il tuo volto,
senza trovarlo se non voltato, vedo solo i tuoi lunghi capelli neri,
impreco, picchiando ora con forza sui tasti del pianoforte,
distorcendo il triste ma melodioso suono,
e mi accorgo d’aver il viso bagnato, solcato da lacrime amare come fiele,
e mi passo una mano fra i capelli, disperato, vorrei, si ma cosa, vorrei vederti, toccarti,
vorrei fare l’amore con te e non con la tua ombra, vorrei si,
che tu mi fossi ora vicina e mi consolassi del male che ti ho fatto,
vorrei ricominciare, ma …
Come si costruisce una fine, se neppure si è certi di come si è iniziato?
(Lu)
il gioco del vento fra i rami spogli
come impaurite mani a graffiare il cielo,
facendolo sanguinare bagnandosi delle sue lacrime che,
copiose cadono a terra e battono sul vetro,
ticchettio regolare come il battito delle mani sui tasti del pianoforte,
nervosamente attendo, si ma cosa?
Che squilli un telefono o forse che suoni il campanello,
intanto non smette la pioggia e non smettono le mie dita,
risonanza di rumori, il mio cervello non ce la fa più,
fugge da questo oblio e si rifugia in un vecchio disco consumato dalla puntina e dal tempo,
gracchianti note di blues escono dai vecchi altoparlanti,
verso nel bicchiere ciò che resta della bottiglia, mi accendo una sigaretta la prima mi dico,
ovviamente dopo l’ultima di dieci minuti fa;
E cerco fra i ritagli di giornale fra i fotogrammi del mio passato il tuo volto,
senza trovarlo se non voltato, vedo solo i tuoi lunghi capelli neri,
impreco, picchiando ora con forza sui tasti del pianoforte,
distorcendo il triste ma melodioso suono,
e mi accorgo d’aver il viso bagnato, solcato da lacrime amare come fiele,
e mi passo una mano fra i capelli, disperato, vorrei, si ma cosa, vorrei vederti, toccarti,
vorrei fare l’amore con te e non con la tua ombra, vorrei si,
che tu mi fossi ora vicina e mi consolassi del male che ti ho fatto,
vorrei ricominciare, ma …
Come si costruisce una fine, se neppure si è certi di come si è iniziato?
(Lu)
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