Il Diario di un Poeta Errante
lunedì 20 agosto 2012
L'UOMO VESTITO DI NERO
Lento posare delle dita sui tasti
la musica ne usciva quasi impaurita,
il vibrare delle corde ai colpi del martello,
il palco era buio, l'uomo seduto dietro al pianoforte
vestito di nero stava a capo chino
come a cercare ispirazione fra le dita, fra il bianco ed il nero
la poca luce rendeva il palco simile ad una sterile stanza
d'ospedale, fredda e spoglia, solo un letto, il pianoforte;
Solo un malato, il musicista;
Il teatro era deserto, unico spettatore il nulla,
e l'uomo vestito di nero lo sapeva.
Conosceva bene quella sensazione,
nel nulla era cresciuto,
nel nulla aveva imparato le dure regole del presente;
Era tardi quella sera,
fuori, l'ombra di passi sull'asfalto,
luci al neon intermittenti di vecchi cinema;
E l'uomo suonava, continuava a posare delicatamente,
con amore le dita sui tasti
e il suono prendeva forma,
come un pezzo di creta nelle mani di un vasaio.
La notte continuava la sua passeggiata fra i vicoli, fra le vecchie prostitute del quartiere,
ormai desiderose più di un letto in cui riposare che di clienti;
Il tìcchettio del vecchio orologio da tasca incrociava le note, cercando di carpirle a mezz'aria, senza riuscirci,
l'attimo, le dita insieme sulla tastiera,
un rumore pesante, scomposto di note cadute,
inciampate in un cimitero di resti di vite bruciate;
L'uomo vestito di nero, si alzò,
mise il suo cappello e uscì di scena,
fra il silenzio,
l'unico applauso che aveva mai avuto,
lo scricchiolare delle assi del palco ne anticipò i passi,
scomparve dietro al sipario rosso, vecchio, impolverato.
Nessuno ne seppe mai più nulla,
di lui restò solo un foglio,
un pentagramma corretto, pieno di graffi e cancellature,
ed una rosa sulla tastiera,
ultimo regalo a quell'amore così grande;
l'ultima sua melodia,
il suo addio.
(Lu)
lunedì 13 agosto 2012
NEL FUMO DI UNA SIGARETTA - ti vidi andare via, per sempre
Ti persi, quella notte
nel fumo dell'ultima sigaretta,
spenta in quel bar del centro;
Il tuo viso bianco alla luce del neon,
si intravedeva solo un filo di trucco
forse quello messo per nascondere le lacrime,
ti alzasti dalla sedia, avvolta nel tuo tailleur grigio fumo,
la borsa messa nervosamente a tracolla e,
e poi ti voltasti senza salutare,
e ti vidi lungo la strada sempre più nascosta dal buio,
sempre più lontana,
fino a sparire del tutto.
Di te, quella notte rimase solo cenere,
quella della tua sigaretta,
l'ultima fumata con me,
sul filtro il tuo rossetto,
ultimo bacio
lo accarezzai, feci ruotare fra le dita il filtro,
per immaginare ancora un tuo sorriso,
tirai una boccata,
la spensi, schiacciandola con rabbia fra la cenere;
Cenere di altri, cenere del mio cuore,
lasciai i soldi sul tavolo, presi il mio cappello e me ne andai.
La notte, nuova malinconica amica,
mi accompagnò a casa,
mi chiusi alle spalle la porta,
mi chiusi alle spalle una vita,
aspettai l'alba, ma tu non tornasti,
e quando capii che ormai eri parte della notte,
quella che mi tenne abbracciato
nell'accompagnarmi a casa,
capii il vero dolore,
piansi.
(Lu)
nel fumo dell'ultima sigaretta,
spenta in quel bar del centro;
Il tuo viso bianco alla luce del neon,
si intravedeva solo un filo di trucco
forse quello messo per nascondere le lacrime,
ti alzasti dalla sedia, avvolta nel tuo tailleur grigio fumo,
la borsa messa nervosamente a tracolla e,
e poi ti voltasti senza salutare,
e ti vidi lungo la strada sempre più nascosta dal buio,
sempre più lontana,
fino a sparire del tutto.
Di te, quella notte rimase solo cenere,
quella della tua sigaretta,
l'ultima fumata con me,
sul filtro il tuo rossetto,
ultimo bacio
lo accarezzai, feci ruotare fra le dita il filtro,
per immaginare ancora un tuo sorriso,
tirai una boccata,
la spensi, schiacciandola con rabbia fra la cenere;
Cenere di altri, cenere del mio cuore,
lasciai i soldi sul tavolo, presi il mio cappello e me ne andai.
La notte, nuova malinconica amica,
mi accompagnò a casa,
mi chiusi alle spalle la porta,
mi chiusi alle spalle una vita,
aspettai l'alba, ma tu non tornasti,
e quando capii che ormai eri parte della notte,
quella che mi tenne abbracciato
nell'accompagnarmi a casa,
capii il vero dolore,
piansi.
(Lu)
martedì 7 agosto 2012
DI LUNA E DI TE
Immobile sguardo
fra i tuoi capelli, legati, in fuga da quel nastro
per l'ardore di una carezza sul viso,
per la passione di un bacio,
e quel sorriso che illuminava il mondo,
illuminati dalla luna i tuoi occhi, brillavano, diamanti vivi
ed il tuo corpo, disegno d'ombre e luce,
la tua schiena incanto d'estasi;
il tuo ventre, mare di baci,
delimitato a nord dal tuo seno meraviglioso di ragazzina,
a sud dal tuo sapor di pesca che delirio crea
e che in estasi trasforma lo sguardo.
Amata amante di vita e d'Amor cercata,
confine di terre inesplorate,
di ricordi e di futuro,
il vuoto di un lago di pensieri,
pieno di argentei ricordi e di luccicanti realtà.
Tu lì,
ora,
stretta a me, corpi che si sfiorano,
bocche che si cercano,
il caldo di una sera d'agosto,
la brezza della collina,
corpi sudati, trasudanti di passione
e di desiderio.
E dopo la tempesta l'abbraccio,
e dopo un abbraccio le parole d'Amore
sussurrate all'orecchio,
e chiudere gli occhi e addormentarsi in te.
Per l'eternità.
(Lu)
fra i tuoi capelli, legati, in fuga da quel nastro
per l'ardore di una carezza sul viso,
per la passione di un bacio,
e quel sorriso che illuminava il mondo,
illuminati dalla luna i tuoi occhi, brillavano, diamanti vivi
ed il tuo corpo, disegno d'ombre e luce,
la tua schiena incanto d'estasi;
il tuo ventre, mare di baci,
delimitato a nord dal tuo seno meraviglioso di ragazzina,
a sud dal tuo sapor di pesca che delirio crea
e che in estasi trasforma lo sguardo.
Amata amante di vita e d'Amor cercata,
confine di terre inesplorate,
di ricordi e di futuro,
il vuoto di un lago di pensieri,
pieno di argentei ricordi e di luccicanti realtà.
Tu lì,
ora,
stretta a me, corpi che si sfiorano,
bocche che si cercano,
il caldo di una sera d'agosto,
la brezza della collina,
corpi sudati, trasudanti di passione
e di desiderio.
E dopo la tempesta l'abbraccio,
e dopo un abbraccio le parole d'Amore
sussurrate all'orecchio,
e chiudere gli occhi e addormentarsi in te.
Per l'eternità.
(Lu)
martedì 24 luglio 2012
SPINE
Vago, perso fra rovi e ortiche
in cerca di una fuga da un mondo che
regala solo amarezza e dolore,
cercando un sole, illusione di una luce artificiale
che possa liberarmi da inutili passaggi di stanche lancette
di un orologio che nulla guarda se non il suo avanzare,
così lentamente rapido che,
perdersi in un cumulo di cenere è un'attimo;
silenzi urlati a voce troppo alta,
ripreso dai professori, dai maestri della vita,
da quelli che arrogano la pretesa di esserci già passati;
Ma da dove, da cosa, dal mio sentiero?
No, troppi rovi e troppe ortiche,
ragnatele sul viso danno la certezza del primo passaggio,
neppure più gli scorpioni prendono il sole su queste taglienti rocce,
serpi, strisciano altrove, a cercare rifugi meno pericolosi,
eppure la certezza che il buio sarebbe finito
che il sole altro non fosse che un luminoso astro in cielo
che la luna regalasse notti d'Amore e non ululati di lupi,
tutti ne eravamo certi, anche i professori, i maestri di vita;
Giunsi in cima alla salita, lacero, dolorante e coperto di sangue,
guardai là oltre l'orizzonte,
quel paradiso promesso, quel prato in cui correre, quel prato di spine e ortiche, come il percorso,
quel prato di fiori neri, di erba arida, di insetti pungenti,
di vita spesa a cercare la vita, bruciata in un rovo.
(Lu)
in cerca di una fuga da un mondo che
regala solo amarezza e dolore,
cercando un sole, illusione di una luce artificiale
che possa liberarmi da inutili passaggi di stanche lancette
di un orologio che nulla guarda se non il suo avanzare,
così lentamente rapido che,
perdersi in un cumulo di cenere è un'attimo;
silenzi urlati a voce troppo alta,
ripreso dai professori, dai maestri della vita,
da quelli che arrogano la pretesa di esserci già passati;
Ma da dove, da cosa, dal mio sentiero?
No, troppi rovi e troppe ortiche,
ragnatele sul viso danno la certezza del primo passaggio,
neppure più gli scorpioni prendono il sole su queste taglienti rocce,
serpi, strisciano altrove, a cercare rifugi meno pericolosi,
eppure la certezza che il buio sarebbe finito
che il sole altro non fosse che un luminoso astro in cielo
che la luna regalasse notti d'Amore e non ululati di lupi,
tutti ne eravamo certi, anche i professori, i maestri di vita;
Giunsi in cima alla salita, lacero, dolorante e coperto di sangue,
guardai là oltre l'orizzonte,
quel paradiso promesso, quel prato in cui correre, quel prato di spine e ortiche, come il percorso,
quel prato di fiori neri, di erba arida, di insetti pungenti,
di vita spesa a cercare la vita, bruciata in un rovo.
(Lu)
martedì 17 luglio 2012
ANOMALIE - pensieri reali di persone finte
E ti osservano,
li senti tutti i loro pensieri,
come topi di fogna che escono dalle grate dei loro cervelli malati,
te li mettono addosso, come vestire un morto;
E mentre passi, occhi che ti scrutano,
ti scansionano come fosse una tac,
e tu sei il malato terminale, vogliono solo scoprire dove
hai il tuo cancro, poi, felici ne parlano fra loro,
e ad ogni "povero" oppure "mi spiace"
sputano il sangue di altre vittime,
sono quelli che, in chiesa,
a mani giunte pregano Dio, tenendo in tasca ancora i proiettili che,
in nome della loro giustizia, spareranno a breve,
a bruciapelo, senza pietà.
Mani intrise di sangue,
quello di vittime colpevoli solo della loro diversità,
bersagli immobili in un passaggio del tempo,
l'unico reato il sorriso, la voglia di vivere la fonte della gelosia,
un colpo solo, sulla bocca, per spegnere il sorriso,
per cancellare quella fottuta voglia di essere, solo per una volta almeno, uguali al resto di queste mummie di sale;
Ma poi, uguali per che cosa,
per invidiare la vita?
Per un sorriso che, solo prendendo il tetano riescono a farsi venire,
no grazie, resto bersaglio, aspetto il mio proiettile ma con il sorriso, e non fuggo ma combatto, e quando sarà,
da ogni goccia del mio sangue nascerà un nuovo sorriso, e così per tutti gli altri, diversi o forse reali in un mondo di apparenza,
a combattere con le fionde contro i fucili,
vivi fino all'ultimo, eterni nel cuore di chi ci ama.
(Lu)
li senti tutti i loro pensieri,
come topi di fogna che escono dalle grate dei loro cervelli malati,
te li mettono addosso, come vestire un morto;
E mentre passi, occhi che ti scrutano,
ti scansionano come fosse una tac,
e tu sei il malato terminale, vogliono solo scoprire dove
hai il tuo cancro, poi, felici ne parlano fra loro,
e ad ogni "povero" oppure "mi spiace"
sputano il sangue di altre vittime,
sono quelli che, in chiesa,
a mani giunte pregano Dio, tenendo in tasca ancora i proiettili che,
in nome della loro giustizia, spareranno a breve,
a bruciapelo, senza pietà.
Mani intrise di sangue,
quello di vittime colpevoli solo della loro diversità,
bersagli immobili in un passaggio del tempo,
l'unico reato il sorriso, la voglia di vivere la fonte della gelosia,
un colpo solo, sulla bocca, per spegnere il sorriso,
per cancellare quella fottuta voglia di essere, solo per una volta almeno, uguali al resto di queste mummie di sale;
Ma poi, uguali per che cosa,
per invidiare la vita?
Per un sorriso che, solo prendendo il tetano riescono a farsi venire,
no grazie, resto bersaglio, aspetto il mio proiettile ma con il sorriso, e non fuggo ma combatto, e quando sarà,
da ogni goccia del mio sangue nascerà un nuovo sorriso, e così per tutti gli altri, diversi o forse reali in un mondo di apparenza,
a combattere con le fionde contro i fucili,
vivi fino all'ultimo, eterni nel cuore di chi ci ama.
(Lu)
Iscriviti a:
Post (Atom)